Grazie per questo contributo!
In questo momento così complesso: che significato acquisisce il concetto di flessibilità?
Significa adattarsi. Significa agire per ciò che è in nostro controllo. Non tutte le persone sono abituate a capire cosa sia in proprio controllo e cosa no. Prendi quelli che sono abituati a farsi dettare i ritmi (lavoro, ufficio, scuola…), ora si sentono più smarriti di altri perché non escono più per andare a lavorare, non hanno più impegni dettati dal contratto di lavoro e si sentono persi. In questo periodo di “libertà casalinga” è necessario schiacciare sul pedale della flessibilità e chiedersi: «Ok, questa è la situazione: quali ritmi posso stabilire con cose che siano in mio controllo adesso?» «Come posso approfittare di questa situazione?» Penso a tutta la formazione disponibile là fuori per crescere e acquisire nuove abilità, lavorative, personali.
Quale consiglio possiamo dare alle persone che stanno vivendo un forte stress per affrontare al meglio questo isolamento?
Innanzitutto, gestire gli stimoli esterni, parlo di commenti di amici su Facebook che insultano a morte i vicini che passeggiano giù con il cane o si recano al supermercato. E sono certa che tutti ne abbiamo almeno uno. Gli stimoli esterni sono anche le notizie, i commenti degli esperti invitati nei telegiornali, le proposte più o meno bislacche che ascoltiamo da certi. Io proporrei, sì, di tenersi informati ma con fonti sobrie e per un tempo limitato, poi però divertimento e formazione.
In secondo luogo, è fondamentale gestire il proprio dialogo interno: come mi parlo? Come mi svago? Come mi conforto? Come mi coccolo? Come mi intrattengo? Ristrutturare è una modalità linguistica che ci aiuta a trovare i lati “utili” se non positivi in qualcosa che non va. E allora, piuttosto che parlarci male, usiamo il dialogo interno per cogliere questa opportunità per ciò che possiamo. Io immagino che tutte le persone che come me continuano ad agire, per quel minimo, mantengano una parte del cuore triste per la Lombardia, per Bergamo, Brescia e tutte le zone maggiormente colpite, e l’altra che prosegue, nonostante tutto. Dobbiamo dare uno scopo alle nostre giornate e possiamo lavorare oggi per costruire il futuro: immagina progetti di lavoro, progetti personali…
Nei momenti di “down” che cosa possiamo fare per cambiare punto di osservazione e costruire un momento migliore?
Come dicevo prima, controlliamo stimoli e dialogo interno e poi le classiche: un bel film che ci riempie due ore, un progetto, musica… Possiamo crescere formandoci. Possiamo muoverci con YouTube e il mondo di attività sportiva indoor che propone. Possiamo fare un aperitivo a distanza con amici in una video whatsapp o altro… Il “down” è naturale e ci sta: fermiamolo dopo quelle due frasi, quei cinque minuti. Il “down” è sano e fisiologico ma circoscriviamolo per il bene nostro, dei nostri cari e per sopravvivere a questo momento difficile.
Bambini e adolescenti stanno affrontando questa situazione con emozioni contrastanti, hai consigli per genitori? E per gli insegnanti?
Vero, bambini come le mie figlie se ne accorgono relativamente. Hanno la presenza e l’amore di mamma e – oltre a qualche video chiamata con gli amici – se la cavano bene. Le mie poi sono sorelle vicine di età e sono una l’amica dell’altra. I figli unici necessitano di maggior coinvolgimento da parte dei genitori, è naturale. Per quanto riguarda medie e superiori, a volte vedo fastidio e li capisco. Non colgono a pieno la cosa, soffrono della situazione e noi possiamo solo essere supportivi.
Genitori e insegnanti possono fare almeno due cose: 1. Evitare paroloni che spaventano e bloccano, o almeno se nominati poi è bene ristrutturare e cercare aspetti costruttivi della cosa. 2. Approfittare di questo momento per riprendere in mano l’educazione. Oltre a italiano, matematica e altro, l’educazione è mostrare come si reagisce, essere empatici, star loro accanto mentre imparano ad usare la nuova piattaforma scolastica e tutto il resto e aiutarli a farlo da soli.
Ai più piccoli possiamo dare supporto nell’apprendimento, così da renderli autonomi e collaborativi in casa, senza fretta perché di fretta non ce n’è adesso. Pian piano, star loro accanto le prime volte che puliscono la cucina da soli, piegano i loro panni ecc. Così poi, dopo una settimana di apprendimento a tappe, noi possiamo fare altro e loro si sentono più capaci, autonomi, coinvolti.
Per i più grandi, che di solito guardano altrove per cercare modelli sociali, ora abbiamo l’opportunità di ritornare noi il primo esempio per loro, il primo modello: come parliamo, come commentiamo il telegiornale, come reagiamo allo sconforto, come spieghiamo la situazione, come ci occupiamo da soli, come vediamo al futuro e ne parliamo, come attiviamo capacità di problem solving e ci mostriamo propositivi.
Come possiamo aiutarci con la comunicazione giusta? Un consiglio anche per chi oggi sta facendo comunicazione e deve comunicare le imprese.
Essere realistici è la base, non si può dire a tutti “andrà tutto bene” quando non ne sappiamo nulla. Certo che alla fine andrà bene ma quando, tra mesi, un anno? L’economia di un’azienda o una piccola impresa può essere talmente compromessa che ci metterà magari un anno per tornare ai livelli di prima. Quindi parlare al vento non serve.
Possiamo dare una mano concreta, essere propositivi e fare tante domande. Sai che a me piace proporre domande utili: domande che servono ad aprire nuove vie, domande che proiettano chi risponde verso più soluzioni fattibili e piacevoli, domande che non solo fanno sognare ma pianificare.