Sono 4 miliardi e 388 milioni gli utenti connessi a Internet (gennaio 2019, fonte we are social), ovvero il 57% della popolazione mondiale, con una crescita del +9,1% rispetto allo scorso anno, ovvero 366 milioni in più. E di cui 3 miliardi e 880 milioni sono presenti sui social, anche in questo caso con un incremento del +9%, ovvero 288 milioni in più. Con un accesso da mobile che raggiunge i 3 miliardi e 290 milioni, il +10% in un anno.
Un aumento del content streaming in generale che vede il video e il gaming ai primi posti, in aumento rispetto allo scorso anno, grazie anche alle connessioni sempre più veloci.
Nuove tendenze si affacciano in maniera sempre più costante al web, ad esempio l’uso della voce, dal riconoscimento vocale al podcasting, alla messaggistica vocale che è entrata in Snapchat, in Instagram, in Messenger e naturalmente già fortemente presente in WhatsApp. La realtà aumentata oggi è entrata in maniera sempre più importante nei social network per garantire esperienze sempre più ingaggianti per tradursi poi in machine learning a disposizione dei brand. Una rivoluzione vera e propria che si indirizza sui dati, grandissima opportunità di analisi ma troppo spesso utilizzati senza la consapevolezza delle persone, oggi democraticamente informate e in grado di poter scegliere autonomamente se permetterne l’uso o meno.
“Questo è ciò che il web offre oggi, grazie a connessioni sempre più veloci e a una tecnologia in costante evoluzione opportunità che crescono quotidianamente sia per i giovani che per il mercato, ma che contestualmente si portano dietro una serie di rischi molto alta. Per sfruttare appieno una delle più importanti trasformazioni della comunicazione dobbiamo contribuire con consapevolezza, rispetto e profonda responsabilità. Dobbiamo avere cura delle persone, oggi al centro dei processi e degli strumenti, e imparare ad ascoltare in silenzio con grande attenzione prima di inserirci con contenuti nostri. Soprattutto imparando e insegnando a restituire il valore alla parola, diritto inviolabile che porta con sé una grande riflessione sul suo utilizzo. Una parola consapevole che rispetta, che si inserisce in maniera utile, positiva e costruttiva. Una parola che non è “di troppo” perché opportunamente valutata e verificata e che mantiene lo stesso peso, la stessa importanza sia online che offline”.
La parola oggi è protagonista dell’online attraverso la voce (podcasting), nell’audio dei video, nei sottotitoli, nei testi, nel copy di immagini presenti sui social, nelle infografiche, in milioni di contenuti e in tutte le lingue, ma questo a volte ci sfugge. Diventa una stringa di ricercare nei motori, un oggetto da reperire negli e-commerce, un tag, un’etichetta, una categoria, diventa un commento, una didascalia, un messaggio su una chat, diventa milioni e milioni di opportunità e di rischi, di cui non sempre chi ne fa uso è consapevole. E sempre più spesso la cronaca ci ricorda che non è sempre così chiaro quanto queste opportunità possono trasformarsi in gravi pericoli in grado di innescare reazioni di svariata natura. Ed ecco che ci colleghiamo a un altro importante concetto legato alla parola e all’identificazione delle emozioni attraverso questa. Siamo in una trasformazione sociale importantissima che non esclude nulla, dall’editoria alla scienza, dalla ricerca all’informazione, da tutto ciò che può essere condiviso all’inadeguatezza delle nostre emozioni di fronte a cambiamenti e comportamenti in costante mutamento.
Ed ecco che si parla di ghosting, di silenzi, di differenti atteggiamenti tra fisico e virtuale e quindi di una maggiore consapevolezza.
“Era il 1997 quando felice, piena di entusiasmo e di grandi aspettative mi collegavo dal centro di calcolo dell’Ateneo di Ca’ Foscari per il mio “momento limitato di connessione”, ma che mi apriva le porte a saggi, articoli e a Università internazionali dalle quali beneficiare conoscenza e contatti con importanti docenti. Un’opportunità che mi ha fatto crescere, avere la mia vetrina sul mondo e scoprire il lavoro che avrei voluto fare dall’editoria digitale che prendeva piede all’intercultura, dalla possibilità di essere sul mondo all’opportunità di costruire nuove e importanti relazioni internazionali. Ecco mi piacerebbe che i giovanissimi oggi riconoscessero questi aspetti del web e l’opportunità di riscoprire valori e ascolto, e non rimanere in bilico come equilibristi ignari, consapevoli e informati di tutto ciò che di pericoloso si può nascondere e può innescare un uso inconsapevole del web.