Parole: materiale altamente pericoloso, maneggiare con consapevolezza – Be Kind to People

Parole maneggiare con cura - Be kind to People di Francesca Anzalone

Parole: materiale altamente pericoloso, maneggiare con consapevolezza!

Se le persone si domandassero più spesso quanto possono ferire le parole che stanno per utilizzare, forse ci sarebbe meno dolore. Sì dolore nel sentirle pronunciare, nel sentirsele rivolte contro. Le parole feriscono, anche profondamente, arrivano a distruggere, possono essere inopportune. Ogni volta che pensiamo di pronunciarne una, chiediamoci sempre se è utile, è importante, ma soprattutto se potrebbe ferire.

Spesso mi trovo a tenere lezioni sull’uso della parola. La parola giusta, quella precisa, studiata e ricercata da inserire in una presentazione per gli investitori. La parola che promuove e valorizza; quella che si inserisce in uno scenario preciso e ne determina il dato efficace. La parola da evitare perché “rischiosa” e in  grado di generare una crisi mediatica. La parola brutta, che ferisce. Ma anche la parola bella che aiuta a costruire il team migliore; quella che valorizza e fa sentire bene. La parola in un testo che ci descrive il senso; quella che ne fa cambiare l’approccio, e quella che nel nostro diario diventa terapeutica e ci fa scoprire perché ci fa male. Le parole sono un materiale altamente pericoloso se utilizzate senza riflettere.

Non si possono usare parole senza avere riflettuto sull’altro, sul suo contesto, sul suo momento, senza nessuna empatia. Quello è desiderio di giudicare.

Non conta quello che vuoi dire, conta quello che percepisce il tuo interlocutore

In questa frase esattamente il senso del dialogo: utilizziamo le parole con “buon senso”, riflettendo su quello che potrebbero generare nel nostro interlocutore e non sempre, con egoismo perché ci riteniamo superiori. Perché ricordiamoci che dal dialogo si percepisce molto della persona. Chi eroga consigli, chi dà giudizi, chi si permette di pensare di sapere cosa è meglio racconta molto di sé attraverso il linguaggio che utilizza. Le parole raccontano molto della persona, infatti il Personal Branding focalizza grande attenzione sulla preparazione a livello comunicativo della persona stessa.

L’errore più grande è: creare un personaggio pubblico senza avergli dato tutti gli strumenti per mantenere la sua “Personalità”. L’incoerenza parole-azioni è il rischio maggiore di crisi mediatiche e social mediatiche.

Immaginate una figura strutturata sulla capacità di ascolto e di valorizzazione del team che in una conversazione (anche privata) con un collaboratore esce con: “Non ho tempo da perdere per riflettere sulle mie parole quando dialogo con te” è esattamente come dire “Di te non mi interessa nulla. Esisto solo io. Tu non sei importante”.  Ma non è così che funzionano le relazioni significative in qualsiasi ambito: professione, amicizia, amore … Ed è proprio dal linguaggio che si percepisce la personalità (Personal Branding) e si decide se il business funzionerà, se l’amicizia potrà nascere, se potrebbe mai esistere l’amore.

Dimmi che parole utilizzi e ti dirò se possiamo “connetterci”

Quando le persone si parlano si trasmettono messaggi verbali e non verbali. Si trasferisce un contenuto e anche una percezione del sé. In qualità di consulente strategico ho potuto trasmettere molto di questi aspetti sia come prevenzione dei rischi di crisi, sia come opportunità di valorizzazione del team e di dialogo interno. Come parli influenza molto la reazione, questo è un dato di fatto.

In oltre venti anni di professione ho avuto il grande piacere di vedere come le parole utilizzate in maniera consapevole hanno fatto crescere molte realtà. Il team rafforza le relazioni, le connessioni diventano sempre più significative. Le criticità si possono prevedere e se vi sono, si possono sciogliere utilizzando un linguaggio corretto e rispettoso.

E’ sempre una questione di rispetto per l’altro. Non sono io il centro, ma l’altro, con il quale voglio costruire un dialogo e una connessione significativa. Altrimenti, ho già chiaro che si tratta di una “vampirizzazione” energetica.

Stavo leggendo proprio qualche giorno fa degli articoli in cui si dice che la maggior parte delle rotture nelle coppie dipende da una mancanza di comunicazione efficace. Alla base errori, fraintendimenti, aspettative disattese frutto di un linguaggio errato. Esattamente ciò che avviene anche in ambito lavorativo. E online tutto questo emerge ampiamente.

Parole, percezione e rispetto

Tutto parte dal rispetto. E’ nel rispetto delle persone, nel modo in cui si dialoga, nella conversazione e nel trasferimento dei contenuti che si ha la comprensione della leadership. Un leader riconosciuto basa tutto sul rispetto degli altri, pondera le parole, il focus non è su se stesso/a ma sugli altri. Il dialogo è sempre sereno. Non è lui/lei ad affermare la sua leadership ma gli altri attraverso le parole e il modo con cui gli si rivolgono. 

Attraverso l’ascolto di come si esprimono gli altri nei suoi confronti si comprende tutto. E quel tutto è il risultato di parole efficaci, parole ponderate, linguaggio attento e preciso nei confronti dell’interlocutore. Attenzione che la finzione si scopre: alle parole ovviamente devono corrispondere azioni coerenti 😉

Parole ed emozioni diventano un tutt’uno attraverso l’ascolto. La percezione del dialogo diventa la percezione dei ruoli. E dunque la scelta: rimango consapevole della tipologia di relazione? Oppure decido di evitare questa situazione? Dalla parola deriva la scelta. Attenzione a non essere affrettati, ma di verificare se la percezione ha degli elementi concreti a conferma.

Come si analizzano le conversazioni? Quali sono le parole che creano “alert”?

Questa è la domanda più ricorrente che mi viene fatta. Non esiste una formula magica da applicare ad ogni caso, esiste un allenamento costante all’ascolto e alla produzione. La prima conversazione che dobbiamo analizzare però è quella con noi stessi, da qui deriva tutto il resto. Farci domande scomode? Avere il coraggio di scoprirci è fondamentale. E, soprattutto dopo avere compreso come ci stiamo parlando, trovare il modo per migliorarci. Le parole in questo sono preziose.

Da una parte c’è la persona che parla, dall’altra il ricevente del messaggio con la sua percezione, dall’altra ancora il web e i social: come si viene percepiti?

Sorrido perché penso a situazioni in cui si ha un relatore/relatrice e poi uno dei partecipanti particolarmente “agguerriti” nel desiderio di identificarsi come leader. Un po’ contrastivo, un po’ polemico, un po’ domande scomode … ma questa persona nell’intento di dimostrare la sua “superiorità”, perché questo è l’obiettivo che traspare non si rende conto che tutto quello che sta facendo è la percezione che gli altri avranno di lui/lei. E che sotto ai riflettori e dunque alla lente di ingrandimento dell’analisi non è il relatore ma lui/lei.

Che percezione sta dando di se stesso/a in quel momento? Le domande che sta facendo sono pertinenti? Ha davvero senso tentare di mettere in difficoltà il relatore/relatrice a scapito di un tempo sprecato rispetto alle informazioni che si potrebbero raggiungere? La risposta è nelle parole. Se sono pertinenti e corrette sì, altrimenti la percezione sarà “guarda questo/questa quanto tempo ci fa sprecare per le sue manie di protagonismo”.

Ma di queste situazioni ne potremmo citare a centinaia, come chi spreca opportunità mediatiche per egocentrismo invece di sfruttare quel tempo a favore di un messaggio.

 

Vi lascio anche un racconto breve, se vi va di leggerlo. Perché per me le parole sono anche creatività e scrittura

Il racconto breve: emozioni di latta

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